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NEWSLETTER N°18 Dalla gestione alla pianificazione e programmazione

[10-05-2011]

 

NEWSLETTER N°18   Dalla gestione alla pianificazione e programmazione

 

 

Il quadro legislativo e le norme per valorizzare i patrimonio

 

 

Il Parlamento negli ultimi quindici anni è ripetutamente intervenuto emanando nuove normative capaci di trasformare radicalmente il ruolo e le aspettative connesse alla gestione e valorizzazione del patrimonio degli Enti Locali.

 

L’evoluzione del quadro normativo in materia di dismissione di patrimoni immobiliari pubblici è caratterizzata, sostanzialmente, da due elementi: il graduale passaggio dal concetto di alienazione a quello di valorizzazione e la crescente attenzione alla semplificazione delle procedure.

 

La progressiva autonomia, riconosciuta anche al settore patrimoniale, unitamente alla diminuzione dei trasferimenti erariali ha imposto nuove riflessioni e nuovi moduli organizzativi all’interno di tutti gli enti locali.

 

La nuova filosofia della gestione degli Enti locali comporta un totale mutamento dell’ottica nella quale finora è stato considerato il patrimonio, sia immobiliare sia mobiliare.

 

La prima operazione significativa di detta volontà coincide con la legge in data  29 gennaio 1992 n. 35, normativa di conversione del d.l. 05.12.1991 n. 386 recante “trasformazione degli enti pubblici economici, dismissione delle partecipazioni statali ed alienazione di beni patrimoniali suscettibili di gestione economica”. Con tale norma il patrimonio pubblico assume il significato di valore e il legislatore evidenzia l’importanza di monetizzare attraverso l’alienazione del patrimonio immobiliare.

Come accennato, la legge citata interveniva per disciplinare le alienazioni e le gestioni dei beni patrimoniali dello stato suscettibili di gestione economica, anche in relazione alla destinazione urbanistica, o di diretta alienazione anche del solo diritto di superficie, nonché di classificarli, di acquisire la documentazione catastale ed ipotecaria e di determinarne il valore ai prezzi di mercato correnti. Tali alienazioni potevano essere attuate, anche, previo conferimento a società con capitale misto, costituite con le modalità e le finalità deliberate dal CIPE, su proposta del ministro delle finanze.

Nel medesimo contesto veniva altresì accordata la garanzia dello Stato sulle obbligazioni di durata fino a sette anni che saranno emesse dai soggetti conferitari”.

La norma disponeva che “l’Istituto Mobiliare Italiano” veniva autorizzato ad anticipare, in acconto sui proventi derivanti, in relazione alle previste destinazioni, dalla alienazioni e dalle gestioni, un importo non inferiore al 50 per cento, fino a concorrenza di 3.000 miliari di lire.

Infine, il comma 5 dell’articolo 2 prevedeva che i soggetti affidatari  potevano procedere alle alienazioni ed alle gestioni anche in deroga alle norme sulla contabilità generale dello Stato, fermi i principi generali dell’ordinamento giuridico-contabile.

La norma per la prima volta introduceva quindi un principio privatistico nella gestione delle procedure di alienazione e soprattutto tendeva, per la prima volta, a snellire completamente tale processo.

 

L’alienazione dei beni patrimoniali dello Stato suscettibili di gestione economica veniva quindi affidata ad una apposita società, denominata Immobiliare Italia, costituita nel gennaio del 2003, quale società veicolo alla quale conferire il patrimonio immobiliare pubblico.

Purtroppo la citata convenzione con il Ministero delle Finanze non fu mai stipulata e le procedure di alienazione, disposte dalla legge n. 35/1992, non furono mai attuate.

Con la legge 23.12.1996 n. 662, veniva disposta l’abrogazione della legge n. 35/1992 e quindi, l’avvio di un nuovo procedimento per la dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato.

Un nuovo e determinante impulso alla valorizzazione e alla dismissione del patrimonio pubblico interviene con l’emanazione del Decreto Legge 25 settembre 2001 n° 351 convertito in legge 23 novembre 2001 n° 410 recante disposizioni in merito a “Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare”.

 

Si tratta per gli addetti ai lavori della legge sulla cosiddetta “Cartolarizzazione”.

 

La cartolarizzazione nasce nel dopoguerra nel mondo anglosassone. In Italia il legislatore è intervenuto escludendo qualsiasi definizione ufficiale limitandosi quindi a definire il campo di applicazione della legge. Il termine corrisponde all’espressione inglese “securitization”.

In termini preliminari si può affermare che la cartolarizzazione consente la creazione di nuovi strumenti negoziali finanziari.

 

Più semplicemente si può dire che le operazioni di cartolarizzazione si promuovono al fine di aumentare la liquidità in circolazione attraverso la creazione di un mercato parallelo basato su portafogli di crediti.

 

Il presupposto fondamentale per le operazioni di cartolarizzazione è quindi la cessione di crediti “a titolo oneroso”

 

Nel rimandare per gli appositi approfondimenti alla medesima legge e alla dottrina in materia[1] , per ciò che riguarda la struttura dell’operazione di cartolarizzazione si può affermare che il primo passaggio fondamentale consiste nella creazione della società finalizzata alla cartolarizzazione. Tale società viene definita per mutazione dall’inglese “Società veicolo” (SPV).

 

Il secondo passaggio consiste nel trasferire i beni di proprietà dell’Ente (definito originator) alla predetta società. Per quanto concerne la cartolarizzazione immobiliare il Decreto Legge 25 settembre 2001 n° 351 convertito in legge 23 novembre 2001 n° 410 interviene per disciplinare le modalità di costituzione delle società di cartolarizzazione e per stabilire per sommi capi il trasferimento dei beni al patrimonio della società.

 

Come già anticipato e assolutamente in linea con il processo storico in fase di analisi, la caratteristica principale della cartolarizzazione consiste nella capacità di reperire nuova liquidità migliorando e recuperando il bilancio sfavorevole. 

 

L’operazione in oggetto si candida quindi come valida alternativa alla liquidità ottenuta mediante incremento del capitale proprio o al ricorso a ulteriore capitale di credito. Il grande vantaggio della cartolarizzazione è quello di promettere nuova liquidità senza dover ricorrere necessariamente  alla creazione di riserve bloccate e quindi non utilizzabili per eventuali opportunità.

 

Un altro vantaggio della cartolarizzazione tradizionalmente collegata all’esperienza finanziaria, ma più recentemente legata al settore locatizio, consiste nel liberarsi del rischio connesso al recupero di crediti o di locazioni attive iscritte a bilancio. E’ indubbio che al fine di attrarre investitori il tasso di interesse corrisposto sarà proporzionale al rischio di inesigibilità del titolo.

 

Tale operazione collegata al rischio del recupero dei crediti, per l’Ente diventa opportuna e perseguibile fino alla verifica della congruità dell’azione. La somma “pagata” per liberarsi del rischio non deve superare la soglia della “sopportazione dell’incertezza”.

 

Il decreto 351 del 2001 trovava applicazione per i beni dello stato, i beni degli enti pubblici non territoriali, i beni non strumentali di società a totale partecipazione pubblica, beni di regioni, province e comuni ed altri enti locali (su richiesta).

 

Il percorso sopra determinato, non escluso da pesanti polemiche, ha comunque consentito, per la prima volta di giungere ad una rilevante alienazione di gran parte del patrimonio disponibile o sotto utilizzato dello stato. In particolare la cartolarizzazione, nei mesi e negli anni successivi ha coinvolto l’alienazione dei beni immobili degli enti previdenziali e del demanio militare.

 

 

Le polemiche riguardavano, essenzialmente, le modalità di vendita: in alcuni casi caratterizzate da aste andate deserte e ripetuti sconti sulla perizia iniziale. Ciononostante l’istituto ipotizzato con il decreto sopra richiamato ha sostanzialmente dimostrato la validità del processo e la possibilità di giungere al superamento di un ampia parte del patrimonio pubblico sottoutilizzato, non funzionale ai compiti dell’istituto e soprattutto costoso in termini gestionali e manutentivi.

 

Ancora una volta il legislatore richiamava alla necessità di superare il patrimonio non utilizzato concentrando le risorse gestionali solo sul patrimonio a destinazione istituzionale.

 

Il criterio è quindi quello di mantenere e valorizzare il patrimonio proficuamente redditizio e di superare ogni cespite non necessario, ma gravante in termini manutentivi, assicurativi, gestionali ecc…

 

 

Il percorso sopra individuato ha gradatamente coinvolto anche tutti gli enti locali territoriali.

 

Tale percorso si è quindi concretizzato in una serie ripetuta di nuove normative tutte finalizzate ad una migliore programmazione e gestione dei patrimoni immobiliari pubblici.

 

 

 

Tra queste occorre ricordare:

 

1.    la valutazione complessiva del nuovo ordinamento finanziario e contabile contenuto dapprima nel D.Lgs. 25 febbraio 1995 n. 77(sostanzialmente non mutato per quel che qui concerne dalle modifiche contenute nei provvedimenti correttivi ed integrativi successivamente adottati) e più recentemente sul Testo Unico D.Lgs. 267/2000

2.    l’espressa previsione di un nuovo sistema di finanziamento degli Enti locali quale l’emissione di titoli obbligazionari (BOC, BOP)

3.    la possibilità di procedere all’alienazione del patrimonio immobiliare in deroga alle norme di cui alla Legge 24 dicembre 1908, n.783, e successive modificazioni, nonché al regolamento approvato con regio decreto 17 giugno 1909, n.454

4.    la possibilità di alienare anche a Trattativa Privata mediante la predisposizione del Regolamento di cui all’ art.12, comma 2, della Legge 15 maggio 1997, n.127

5.    la possibilità di chiedere agli Istituti bancari aperture di credito a fronte di provvedimenti concernenti alienazioni di beni, la possibilità di procedere ad interventi di “cartolarizzazione” del patrimonio pubblico (legge 30 aprile 1999 n° 130)

6.    la possibilità per Comuni e Province di costituire società finalizzate all’alienazione del patrimonio improduttivo (Legge 23  dicembre 1999 n°488 – legge finanziaria 2000)

7.    la legge quadro di riforma dei lavori pubblici 11 febbraio 1994 n. 109 (oggi sostituita dal Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163 "Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE")

8.    la possibilità di procedere ad interventi di project financing

9.    la facoltà di cedere in proprietà le aree comprese nei piani per l’edilizia abitativa pubblica già concesse in diritto di superficie

10. la facoltà di concertare con la competente Soprintendenza la natura o presenza di particolari vincoli gravanti sul patrimonio immobiliare (vedi D.Lgs 42/2004)

 

 

In ultimo, ma non per importanza, il recentissimo art. 58 del d.l. 25.06.2008, n. 112 riportante come noto la necessità di procedere alla redazione del PIANO DELLE ALIENAZIONI E VALORIZZAZIONI DELL’ENTE

 

Il patrimonio immobiliare dell’Ente da ricchezza inutilizzata si trasforma quindi in vera e propria risorsa economico–finanziaria dell’Ente, analogamente a quanto ordinariamente avviene nelle strutture produttive di matrice privatistica.

 

I beni immobili riacquistano così la loro funzione di strumento fondamentale per il raggiungimento dei fini d’interesse della collettività, per il reperimento di maggiori risorse proprie dell’Ente, in via continuativa o una tantum, non più solo per il riequilibrio della gestione, come già indicato dall’art. 1 bis del D.L. 1 luglio 1986 n.318, convertito in L. 9 agosto 1986 n.488.

 

 

 

 

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[1] F. Paglia, Gestione e Valorizzazione del Patrimonio immobiliare pubblico, EPC Libri 2004, Roma

 
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