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NEWSLETTER N°55 Art. 34 legge 392/78. Diritto all'indennità di avviamento, presupposti

[05-04-2014]

NEWSLETTER N°55    Art. 34 legge 392/78. Diritto all'indennità di avviamento, presupposti

Orientamento della Corte di Cassazione in materia

 

L’articolo 34 della legge 392/78 stabilisce che in caso di cessazione del rapporto di locazione relativo agli immobili di cui all'articolo 27 della medesima legge [uso diverso], che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore o a una delle procedure previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 , il conduttore ha diritto, per le attività indicate ai numeri 1) e 2) del medesimo articolo 27, ad una indennità pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto. Per le attività alberghiere viene stabilita un'indennità pari a 21 mensilità.

La legge stabilisce altresì che il conduttore ha diritto ad una ulteriore indennità pari all'importo di quelle rispettivamente sopra previste qualora l'immobile venga, da chiunque, adibito all'esercizio della stessa attività [o di attività incluse nella medesima tabella merceologica che siano affini a quella già esercitata dal conduttore uscente] ed ove il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente.

L'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile è condizionata dall'avvenuta corresponsione dell'indennità di cui sopra.

Su tale materia la suprema Corte è più volte intervenuta evidenziando la corretta interpretazione della medesima norma.

 

Innanzitutto la Cassazione Civile con propria sentenza Sez. III, n. 635 del 15-01-2007 ha stabilito che non può essere riconosciuta l'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale al conduttore che esercita nell'immobile locato per uso diverso dall'abitativo un'attività commerciale senza le prescritte autorizzazioni amministrative. Attività ancorché implicante contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori. In questo caso, il presupposto della decisione è naturalmente la negazione della tutela giuridica a chi versa in situazione illecita.

 

In tal caso, il giudice adito è tenuto, anche d'ufficio, alla verifica di tale condizione ostativa al riconoscimento del diritto all'ottenimento della suddetta indennità, costituendo essa un requisito di fondatezza della domanda avanti a lui proposta.  

 

Il presupposto della tutela dell'avviamento commerciale, apprestata dagli artt. 34-40 della legge 27 luglio 1978, n. 392 risiede nella liceità dell'esercizio dell'attività medesima, in quanto [in caso diverso] si fornirebbe altrimenti protezione a situazioni abusive (frustrando l'applicazione di norme imperative che regolano le attività economiche) e lo stesso scopo premiale della disciplina posta a fondamento della predetta legge, che, quanto all'avviamento ed alla prelazione, consiste nella conservazione, anche nel pubblico interesse, delle imprese considerate[1].

 

Il rilascio dell'immobile da parte del conduttore a seguito di diniego di rinnovo alla prima scadenza non comporta il venir meno del diritto all'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale.

 

Quanto sopra ancorché nel caso la disdetta intimata dal locatore debba considerarsi affetta da nullità assoluta, a causa della mancata indicazione dei motivi ex art. 29 della legge 27 luglio 1978 n. 392.

 

Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, in tale ipotesi il rilascio non può essere ricondotto al mutuo consenso del locatore e del conduttore in ordine alla cessazione della locazione, costituendo la disdetta, ancorché nulla, un negozio unilaterale recettizio estrinsecazione della volontà dello stesso locatore - cui soltanto è imputabile la conclusione del rapporto - con la conseguenza, in tal caso, della conservazione, in capo al conduttore, del diritto al riconoscimento dell'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale[2].  

 

Ai sensi dell'art. 80 della legge 27 luglio 1978, n. 392, se il conduttore muta l'uso pattuito dell'immobile e il locatore non esercita l'azione di risoluzione del contratto entro tre mesi dal momento in cui ne ha avuto conoscenza, al predetto contratto deve essere applicato il regime giuridico corrispondente all'uso effettivo, con decorrenza dalla scadenza del termine per proporre l'azione di risoluzione.

 

In ragione di quanto sopra, ne consegue che il conduttore ha diritto all'indennità di avviamento se, pur essendo stato pattuito un uso del bene locato diverso dall'abitazione, non comportante contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori (nella specie, terreno destinato a deposito veicoli), il bene venga poi destinato ad attività che comportino tali contatti, senza che nel termine predetto il locatore abbia chiesto la risoluzione del contratto[3].

 

 

In base al più recente orientamento giurisprudenziale, l'intervenuta disdetta, ancorché inefficace, inviata dal locatore è idonea a far sorgere "ipso facto", ove ne ricorrano gli altri presupposti, il diritto del conduttore all'indennità di avviamento[4].

 

Ai fini dell'attribuzione dell'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale  è sufficiente l'anticipata cessazione del rapporto a causa del recesso del locatore.

 

In questo senso la norma non richiede ulteriori condizioni e, quindi, resta irrilevante sia la circostanza che il conduttore estromesso abbia cessato ogni attività prima o dopo il rilascio dell'immobile, sia la carenza di prova di un effettivo danno o dell'esistenza in concreto dell'avviamento, sia, infine, la mancanza di un provvedimento giudiziale che disponga il rilascio[5].

 

L'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale è dovuta al conduttore uscente a prescindere da qualsiasi accertamento circa la relativa perdita ed il danno che il conduttore stesso abbia subito in concreto in conseguenza del rilascio, con la conseguenza che essa spetta anche se egli continui ad esercitare la medesima attività in altro locale dello stesso immobile o in diverso immobile situato nelle vicinanze[6].

 

La corte di Cassazione con propria sentenza  Sez. III, sent. n. 23558 del 06-11-2009 ha stabilito che affinché sorga il diritto all'indennità per la perdita dell'avviamento prevista dall'art. 34 della legge 27 luglio 1978, n. 392 occorre che vi sia il rilascio dell'immobile locato, il quale è il fatto causativo della perdita dell'avviamento.

In ragione di quanto sopra ne consegue che se alla cessazione del rapporto locatizio non si accompagna il rilascio del locale e quindi l'attività economica ivi svolta continua ad esservi esercitata, non vi può essere perdita di avviamento e quindi pregiudizio economico da compensare. (Nella specie, il conduttore era rimasto nella detenzione dell'immobile pur dopo la scadenza del contratto, e solo a distanza di mesi aveva ceduto la propria azienda ad un terzo, dal quale aveva ricevuto un prezzo dichiarato dalle parti comprensivo anche dell'avviamento commerciale).

 

 

Infine si può stabilire che la funzione dell'indennità dovuta dal locatore al conduttore per la perdita dell'avviamento commerciale è quella di riequilibrare la posizione delle parti, onde evitare che il locatore possa realizzare un arricchimento senza causa per effetto dell'incremento di valore dell'immobile dovuto all'attività del conduttore.

 

Ne consegue che tale funzione riequilibratrice viene meno quando il rapporto di locazione cessi per effetto di un provvedimento autoritativo della P.A. che determini l'inutilizzabilità "sine die" del bene locato. [ad esempio l’intervento di un’ ordinanza di sgombero a causa del pericolo di crollo], con la conseguenza che, in tale ultima ipotesi, non è dovuta la suddetta indennità, a meno che il conduttore non deduca e dimostri che l'immobile, venuta meno la causa di inutilizzabilità [ritiro dell’ordinanza], sia tornato ad essere suscettibile di sfruttamento commerciale[7].

 

 

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[1] Cassazione Civile Sez. III, sent. n. 7501 del 27-03-2007

 

[2] Cassazione Sez. III, Sent. n. 15590 del 12-07-2007 (ud. del 17-05-2007)

[3] Cassazione Sez. III, Sent. n. 17494 del 09-08-2007 (ud. del 19-06-2007)

[4] Cassazione Sez. III, sent. n. 454 del 13-01-2009

[5] Cassazione Sez. III, sent. n. 7528 del 27-03-2009

[6] Cassazione Sez. III, sent. n. 7992 del 02-04-2009

 

[7] Cassazione Sez. III, sent. n. 22810 del 28-10-2009

 

 
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